Il Metapontino e il pirogassificatore che preoccupa. Incontro a Metaponto

Ieri come membro del Comitato TerreJoniche ho preso parte a un incontro, presso la sala parrocchiale di Metaponto Borgo, che ha avuto come tema la realizzazione del pirogassificatore autorizzato con Delibera Regionale_Inceneritore Metaponto n 1544 del 12 dicembre 2014 dalla Regione Basilicata: “Giudizio Favorevole di Compatibilità Ambientale, Autorizzazione Paesaggistica e Autorizzazione alle emissioni in atmosfera relativamente al “Progetto per la costruzione e l’esercizio di un impianto di recupero di rifiuti destinati al riutilizzo con produzione di CSS per l’alimentazione di un gassogeno e valorizzazione energetica da realizzare nella Zona SIN in località Pantanello nel Comune di Bernalda – Proponente Lucana Ambiente S.r.l.”. Ma prima di procedere nel merito dell’incontro analizziamo i fatti.

Il fatto.

Tutto è iniziato nel 2008, quando la società Lucana Ambiente s.r.l con sede legale a Bernalda che secondo l’articolo realizzato da Andrea Spartaco per Basilicata24 risulterebbe avere una quota minima di capitale sociale (10mila euro, ndr), due soci con il 50% a testa: Massimiliano Hallecher campano, e Silvia Mattia lucana,  e un amministratore unico, Giuseppe Quinto, aveva chiesto di poter costruire un impianto di compostaggio in zona Sin a Bernalda, località Pantanello.
L’impianto doveva raccogliere circa 32mila tonnellate di rifiuti all’anno. Rifiuti che, stando alle precisazioni della stessa azienda, sarebbero arrivati soltanto da raccolta differenziata e quindi caratterizzate solo da rifiuti compostabili e non speciali. La questione però non ha mai convinto le precedenti amministrazioni comunali, nonostante l’azienda fosse riuscita ad ottenere le autorizzazioni preliminari alla costruzione dell’impianto dalla Regione e dalla Soprintendenza regionale ai beni Architettonici e Paesaggistici senza che fosse stata, ahimè, interpellata la Soprintendenza ai Beni Archeologici per l’importante valenza in tal senso dell’area interessata.
Il primo parere contrario della DELIBERA-G.C.-N.125-Procedura-Screening-Zona-SIN-Osserv. (1), nella quale si specificava “l’assoluta contrarietà alla realizzazione, sull’intero territorio comunale, di impianti di trattamento e/o trasformazione dei rifiuti, con valorizzazione energetica dei medesimi tramite cicli, qualunque essi siano, che ne prevedano la combustione in forma sol1ida e gassosa” viene ribadito nella seconda DELIBERA-DI-G.C.-N.85_Procedura-VIA-Zona-SIN-osservazioni (1).
La D.G.C n. 125, evidenziava, inoltre, 6 osservazioni: lo studio preliminare, allegato al progetto, presentato dalla società nell’ambito della procedura di screening acquisito e protocollato dall’Ente il 20.09.2011, risultava carente di elaborati grafici cosi come risultava omesso il calcolo della spesa e il relativo quadro; i quantitativi da processare dichiarati (32.000 tonnellate all’anno), erano elevati rispetto alla potenzialità produttiva effettiva di frazione umida del territorio che non superava le 1.500 tonnellate all’anno, specificando che tali dubbi venivano favoriti anche “dalle differenti locuzioni utilizzate, per individuare l’impianto ed il processo che si intende realizzare”; non erano poi descritti i processi, da realizzare in collaborazione con la Metaponto Agrobios S.r.l., relativi all’utilizzo dei “fumi in uscita”, per lo sviluppo di colture microalgali finalizzate alla produzione di sostanze di interesse industriali quali oli, integratori alimentari per uso umano, zootecnico e acquicolture di altissima qualità, oltre a fertilizzanti biologici, produzioni di vitamine, minerali, aminoacidi per industria farmaceutica ed alimentare; non vi era alcun riferimento alla compatibilità e/o conformità del progetto agli strumenti di programmazione provinciale e regionale in materia di flussi di rifiuti e trattamenti o smaltimenti finali; infine, gli Uffici provinciali e regionali dovevano verificare se il progetto doveva essere assoggettato a VIA o AIA.
La società Lucana Ambiente srl, per questo, il 13 dicembre del 2012 presenta ricorso al TAR di Basilicata contro il Comune di Bernalda per la seconda delibera di diniego, la n. 85.
Il TAR, tuttavia, boccia il ricorso della Lucana Ambiente s.r.l. contro il Comune di Bernalda, la Regione Basilicata, in persona del Presidente della Giunta Regionale p.t., non costituita in giudizio e la Provincia di Matera, in persona del Presidente p.t., non costituita in giudizio per l’annullamento della Delibera G.M. n. 125 del 3.11.2011 (pubblicata nell’Albo Pretorio dal 3 al 18 novembre 2011) che si esprimeva in modo contrario alla realizzazione dell’impianto di località Pantanello di Metaponto con “assoluta contrarietà alla realizzazione, sull’intero territorio comunale, di impianti di trattamento e/o trasformazione dei rifiuti, con valorizzazione energetica dei medesimi tramite cicli, qualunque essi siano, che ne prevedano la combustione in forma solida e gassosa”.
Il 09 maggio 2014 il problema della costruzione dell’inceneritore viene portato in seno alla Conferenza di Servizi per la quale fu individuato come partecipante il solo Comune di Bernalda territorialmente interessato. L’assenza del Commissario Prefettizio che di lì a pochi giorni avrebbe terminato il suo compito per l’insediamento della nuova amministrazione comunale, determinò il consenso e il parere favorevole al rilascio delle autorizzazioni in atmosfera per lo stabilimento .
Concludendo, ad oggi abbiamo 2 pareri contrari e 1 favorevole (durante la fase di commissariamento) del Comune di Bernalda, parere positivo della Regione Basilicata, parere favorevole della Soprintendenza ai Beni Architettonici e Paesaggistici di Basilicata mentre nessun parere espresso la Provincia di Matera.

Qual è il volume e l’entità dei rifiuti

L’impianto parla di un volume di smaltimento pari a 32mila tonnellate l’anno di cui, come sottolinea la stessa società nella nota diramata su internet, 10000t/annue saranno destinate alla produzione di compost e 22000 t/annue alla produzione di energia termica ed elettrica. Da considerare che l’ammontare di umido frazionato prodotto sul territorio annualmente è pari a 1500 tonnellate. La domanda nasce spontanea da dove arriverà tutta questa mole di rifiuti?
A questo si aggiungano i dati del rapporto Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) sui rifiuti Urbani in Italia dal quale risulta che, tra le regioni del Sud Italia dove non viene effettuata la differenziata, vi è la Basilicata, con particolare riferimento alle provincie di Potenza e Matera, che produce un volume di rifiuti indifferenziati pari a 6.784 tonnellate annue mentre per quanto riguarda il volume di organico prodottoè di 16.603 t/a; ribadiamo questo volume è di TUTTA la regione Basilicata.

La vicenda del pirogassificatore previsto per Bernalda riprende quindi problematiche che stanno diventando proprie di tutti i 10 opifici che la Regione Basilicata intende realizzare sul suo territorio (vedi opificio di Senise già autorizzato con Delibera regionale il cui volume di smaltimento rifiuti è di 30000 t/a):

1. L’area interessata è punto strategico per il turismo, l’agricoltura e di importanza archeologica. Perché costruire un pirogassificatore che non ha niente a che fare con la vocazione del territorio?

2. Dopo istanza della società proponente, la Giunta Regionale consente in deroga alla pianificazione sulla gestione dei rifiuti il recupero dei soli “rifiuti speciali”. Quindi, con “specifico atto deliberativo”, dà parere favorevole contravvenendo a una vecchia norma e la modifica, che vietava qualsiasi “recupero”. Perché il Dipartimento ambiente della Regione autorizza l’impianto al recupero di rifiuti urbani indifferenziati? Siamo passati dalle discariche di indifferenziata, come afferma Andrea Spartaco, ai micro inceneritori di indifferenziata contravvenendo, per altro, alle odierne disposizioni Comunitarie?

3. I cosiddetti “opifici” dovranno trattare a caldo. L’utilizzzo di Combustibile Solido Secondario (i CSS) mediante pirogassificazione manderebbe nell’aria polveri sottili tossiche. Alcuni studi del dottor Carlo Vettorato fanno notare in merito al progetto di un pirogassificatore di Aosta che le “particelle inquinanti con diametro inferiore ai 2,5 nanometri non possono essere trattenute da nessun sistema di filtraggio”, e pertanto provocano rischi sulla salute. Oltre a lui diversi oncologi si sono schierati contro i pirogassificatori e contro qualsiasi trattamento a caldo di rifiuti. La Ue ci dice, infatti, di considerare impianto di incenerimento qualsiasi unità e attrezzatura tecnica fissa o mobile destinata al “trattamento termico dei rifiuti”, e che il “coincenerimento”, se avviene in modo che la funzione principale dell’impianto consista nel trattamento termico dei rifiuti, è sempre incenerimento. I nuovi inceneritori, affermarono medici e oncologi di Aosta, emettono in atmosfera sostanze come diossine, furani, metalli pesanti, idrocarburi policiclici aromatici, particolato fine e ultrafine e nanoparticelle simili a quelle prodotte dai vecchi inceneritori con accertati effetti sulla salute. Secondo il principio di precauzione essi si chiedevano, sollevando un serio problema, è giusto progettare impianti che, a causa del poco tempo trascorso dall’introduzione di nuove tecnologie di incenerimento come la pirogassificazione appunto, e della difficoltà di condurre studi tali da rilevare eventuali effetti collaterali, “emettono – come ricordava pure nel 2008 l’Associazione Italiana di Epidemiologia in Trattamento dei rifiuti e salute – sostanze tossiche di riconosciuta pericolosità”, e nuove sostanze nemmeno monitorate? L’incidenza dei tumori derivanti da termovalorizzatori è pertanto notevole. Quindi non è affatto vero che gli inceneritori non inquinano e il caso dei numerosi impianti posti sotto sequestro per gravi episodi di inquinamento ambientale è lunga: es. il pirogassificatore Marcegaglia di Bari posto sotto sequestro nel 2008.;

4. La società sottolinea poi che tra i Cer (codici europei per indicare i rifiuti), per fare il combustibile e autosostentarsi il pirogassificatore della Lucana Ambiente userà rifiuti plastici della produzione, gomme sintetiche e fibre artificiali, imballaggi in carta e cartone, plastica, legno, materiali compositi e materiali misti rientranti nella categoria dei rifiuti di imballaggio, assorbenti, stracci, materiali filtranti, indumenti protettivi “non specificati altrimenti”. Ci saranno pneumatici e plastica di veicoli fuori uso e dal loro smantellamento e manutenzione sempre “non specificati altrimenti”. E poi legno e plastica che rientra tra i rifiuti delle operazioni di costruzione e demolizione (compreso terreno proveniente da siti contaminati), e ancora rifiuti urbani e simili non compostati, carta, cartone, plastica, gomma, e persino CDR (combustibile derivato da rifiuti). E poi ci stanno “altri rifiuti”, compresi materiali misti, prodotti dal trattamento meccanico anche se sottolineano la loro non pericolosità. Infine, l’uso di rifiuti non biodegradabili e Rsu “non differenziati” per fare il compost, tratterà “fanghi di depurazione prodotti dalle industrie alimentari”, ma tra i Cer di questi fanghi vengono inseriti anche quelli relativi a rifiuti prodotti dal trattamento delle acque reflue “urbane”, in poche parole depuratori, che in Basilicata, Calabria, Campania e Puglia tanto bene non stanno oltre a fanghi del trattamento biologico, e altri trattamenti, delle “acque reflue industriali” (ovviamente sempre di ‘tipologia non pericolosa’). Tutti Cer appartenenti alla categoria dei rifiuti prodotti dagli impianti per il trattamento delle acque reflue sempre “non specificati altrimenti” nell’ambito dei quali, ovviamente, nessuno potrà mai accertarne la natura e, pertanto, riconoscerne la natura tossica;

5. L’ammontare annuo di rifiuti ci fa pensare che verranno bruciati rifiuti provenienti da altre regioni;

6. Il rischio di infiltrazioni mafiose nella gestione rifiuti è alta;

7. L’esiguo capitale sociale non rassicura sulla realizzazione del termovalorizzatore perché ci potrebbero essere finanziamenti “esterni”. Ma è giusto chiedersi anche perché la Regione autorizzi un’impresa con il minimo di capitale sociale, di cui solo la metà è stato versato e il cui amministratore unico, secondo Spartaco, risulterebbe dal database della Camera di Commercio, tra il 2013 e il 2014, pluriprotestato per protesti alla ditta omonima e allo stesso su assegni a vuoto e cambiali non pagate;

8. E’ risaputo da studi che mentre l’autorizzazione a costruire in prima istanza un termovalorizzatore è sempre complesso e le autorizzazioni non facilmente vengono date in prima istanza, la tendenza per cui i pirogassificatori, invece, nel giro di 3-4 anni vengano trasformati in termovalorizzatori è sempre maggiore.

A chi serve tutto questo?

Secondo la nota sempre della Lucana Ambiente tutto questo pacchetto servirà nell’immediato per dare lavoro a, udite udite, solo 5 persone in fase iniziale, per poi diventare 40 in una successiva fase di commercializzazione. Ma ci chiediamo a chi potrebbe interessare la commercializzazione di simili rifiuti?
Arriviamo alla conclusione che le imprese agricole, presenti sul territorio, danno lavoro a molte più persone che, a quanto pare, un pirogassificatore.

Stato dell’arte

L’assemblea che ha visto la presenza di molta gente, quasi 200 persone, ha analizzato la tematica partendo da punti di vista differenti.
Numerosi gli interventi di: tecnici e rappresentanti di associazioni come Paolo Baffari, portavoce di Potenzattiva, amministratori locali come i sindaci del Comune di Bernalda, Domenico Tataranno, e quello di Craco, Giuseppe Lacicerchia, giuristi quale l’avvocato Francesco Dipietro, medici come Giampaolo Farina e liberi cittadini provenienti da tutte le aree interne del Metapontino.
L’incontro è stato molto interessante perché è stato ricostruito sia l’iter procedurale e amministrativo che ha analizzato il progetto della Lucana Ambiente evidenziando le diverse contraddizioni che la sua costituzione provocherebbe sopratutto se lo si mette a confronto non solo con il rapporto ISPRA sui rifiuti e quanto disposto in materia di rifiuti e priorità dalle Direttive Comunitarie (riduzione rifiuti, riciclo, recupero di materia piuttosto che di energia, priorità della tutela dei territori, dell’ambiente e della salute, rispetto al fattore economico, che viene considerato ininfluente sui rifiuti) ma anche rispetto alla produzione rifiuti sul territorio.
“In pratica, ha sottolineato Baffari, si autorizza la costruzione e messa in esercizio di un altro opificio che produrrà syngas da bruciare, fumi di combustione prodotti dall’impianto di essiccamento e percolati da contenere in enormi vasche e di un gassogeno a piro-gassificazione per la produzione di energia termica ed elettrica da CSS (inceneritore) in prossimità della confluenza della superstrada Basentana sulla statale 106 Jonica. L’impianto emetterà tra l’altro diossine, idrogeno solforato, idrocarburi policiclici aromatici, particolato e polveri sottili, con un raggio di azione di circa 50 Kmq: tutto questo in un’area ad elevata vocazione agricola e turistica, dove, con l’approvazione dell’art. 35 della Legge Sblocca Italia, che liberalizza il traffico di rifiuti anche pericolosi, approderanno camion carichi di veleni, come già accade a Tecnoparco di Pisticci. Altresì l’iter di approvazione appare quantomeno singolare, per la palese contraddizione dell’Amministrazione di Bernalda, che nell’ottobre 2012 trasmette alla Regione Basilicata la Deliberazione di Giunta Comunale n. 85 del 28/09/2012 dove esprimeva “l’assoluta contrarietà alla realizzazione sull’intero territorio comunale, di impianti di trattamento e/o trasformazione dei rifiuti, con valorizzazione energetica dei medesimi; e, con nota prot. n. 9265 del 05/06/2014, lo stesso Comune (pur commissariato), incomprensibilmente, esprime “parere favorevole al rilascio dell’autorizzazione alle emissioni in atmosfera per lo stabilimento di che trattasi”, parere che viene allegato al verbale della relativa Conferenza di Servizi, nella quale conferenza, tra l’altro, si ritiene di convocare il solo Comune di Bernalda e non tutti gli altri enti e soggetti interessati: forse per velocizzare la procedura ed evitare che i numerosi comuni limitrofi danneggiati (da Ginosa a Nova Siri, da Rotondella a Ferrandina e Montescaglioso) facessero opposizione?”
L’incontro si è concluso con la richiesta formale al Sindaco di Bernalda di fare opposizione al provvedimento autorizzativo nell’immediato (entro 60 se non ci sono opposizioni si procederà all’autorizzazione decisiva e il termine è il 12 febbraio p.v.), anche prima che si convochi in Provincia per il 27 p.v. la conferenza di pianificazione, prendendo le distanze anche dalla delibera n. 9265 del 05/06/2014 e ribadendo con una Delibera di Consiglio l’assoluta contrarietà a qualsiasi struttura di recupero, trattamento e valorizzazione energetica dei rifiuti, con l’impugnazione al TAR contro il DGR n. 1544 perchè illegittima. Infine non sarebbe male coinvolgere anche gli altri sindaci del circondario visto l’area di interesse abbastanza vasta.
L’assemblea ha deciso inoltre di costituirsi in Comitato affiancando il lavoro dell’amministrazione.
Il 24 gennaio p.v. è stato fissato un altro incontro pubblico a Bernalda, alla presenza di un rappresentante dell’ISDE (quasi certamente il dot. Ferdinando Laghi), un magistrato o procuratore esperto in traffico e gestione dei rifiuti.

Ringraziamenti per il supporto bibliografico e tecnico: Franca Digiorgio, ex amministratore del Comune di Bernalda; Basilicata24 e Andrea Spartaco; Ola; Paolo Baffari

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  1. […] questi gli ingredienti, ben riassunti dettagliatamente in questo post meglio di quanto potrei fare io, di un’altra piccola storia ignobile […]

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